Ma stanca de che? Appena i familiari voltano l'angolo, stabilisco risoluta di non avere alcuna intenzione di passare in ospedale un'intera settimana, tra pre e post-parto.
Decido di fare l'unica cosa in mio potere, cioè applicare i buoni vecchi metodi della nonna.
Leggende bucoliche narrano di donne che hanno mietuto il grano nei campi fino alle sei di sera, poi sono tornate a casa e hanno partorito: in agosto di grano da mietere non ce n'era più di sicuro, ma potevo pur sempre camminare...
...non è dato sapere se sia stato per merito delle passeggiate notturne lungo il corridoio del reparto maternità o a causa del famigerato gel che finalmente aveva fatto il suo dovere, ma tant'è: erano iniziate le contrazioni. Quello era il mio primo parto, ma dal male che facevano, per quanto inesperta, persino io avevo capito che stavolta erano quelle giuste. Decido stoicamente di resistere per un po', poi la mia compagna di stanza vedendomi bianca tipo fantasma e tutta sudata, chiama un'infermiera.
Ripetono il monitoraggio e la visita: "Cara, non c' è fretta: sei dilatata di neanche due centimetri!". Le ultime parole famose: un minuto dopo si rompono le acque e un quarto d'ora dopo ero già dilatata di 10 centimetri. Ometto la descrizione dei dolori da 1 a 10 (cm)!
A questo punto, accenno timidamente al fatto di voler telefonare a mio marito: "Cara, aspetta di riprenderti dalla fase acuta del dolore, altrimenti al poverino viene un accidente!" Trascurerò di dire che "al poverino" un accidente, in quel momento, lo avrei augurato io